di Paolo Ianna
Il titolo di questo consolidato evento è volutamente ambiguo e provocatorio. Chiarisco che si tratta di una manifestazione che ha come scopo la divulgazione e l’approfondimento della conoscenza dei vini del Friuli Venezia Giulia e della Slovenia, a Venezia.
Quando i vini in questione provengono da uve a bacca rossa si chiama Gradito l’Abito Rosso, quando invece la kermesse propone i vini bianchi si chiama Gradito l’Abito Bianco.
Nell’ultima edizione, è toccato ai rossi. E quindi, dai Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon al Merlot, al Pinot Nero fino al Franconia (Blaufränkisch) per quanto riguarda i vitigni “internazionali”. Pignolo, Tazzelenghe, Schioppettino e Schioppettino di Prepotto, Refosco dal Peduncolo Rosso, Refoscone o Refosco di Faedis, a rappresentare i vitigni locali definiti autoctoni.
Un fatto piuttosto curioso, è scoprire che il vitigno Barbera che associamo automaticamente al Piemonte vinicolo, è coltivato da moltissimo tempo nella valle della Vipava, in Slovenia, una valle in cui la Bora che spazza via tutto con una forza inarrestabile, può arrivate a soffiare anche a 160 chilometri all’ora come indicano i display a numeri digitali dei cartelloni ben ancorati ai bordi delle strade e dell’autostrada che da Gorizia e Trieste porta a Lubiana. Ricordo di aver visto in un telegiornale sloveno, un servizio in cui un rimorchio-frigorifero, a causa del vento, capottava per centinaia di metri nei campi vicini alla strada come fosse un cartone vuoto. Può accadere che nelle annate in cui è particolarmente violenta, la Bora stacchi dalla vite tutti i germogli e in quell’annata non si riuscirà a produrre neanche una sola bottiglia di vino.
Questo vento è caratteristico anche della zona del Carso, l’altopiano sovrastante la città di Trieste dove da secoli si ottiene un vino che si chiama Terrano. Questo varietale si distingue per un descrittore facilmente individuabile, una acidità piuttosto sottolineata che lo caratterizza e lo rende riconoscibile. Lo si ritiene un vino quasi curativo. Si dice che venisse somministrato alle partorienti come ricostituente. Quella caratterizzante acidità si ottiene solo da viti che affondano le radici nelle terre rosse. Dove il suolo cambia colore, le uve ottenute da quelle piante daranno vini privi di quel riferimento. “Lui” è tale solo se i filari sono nei posti giusti, altrove, non riuscendo a mentire, può diventare un buonissimo Refosco.
A gradito l’Abito Rosso si potevano assaggiare venti versioni di Terrano, sia del Carso triestino/goriziano, che Teran del Kras sloveno. Una bella e forse irripetibile esperienza, che da gran parte delle 800 persone presenti alla manifestazione, è stata definita, unica e indimenticabile.